CAVALIERE SOTTO LA PIOGGIA
Acque come fondo, muri d’acqua,
trrifoglio e avena lottata,
cordami uniti alla rete di una notte
umida, grondante, selvaggiamente filata,
goccia che strazia ripetuta in lamento,
furia diagonale che taglia il cielo.
Galoppano i cavalli di profumo che cola,
sotto l’acqua che batte l’acqua
divisa dalla rete di rami rossi di pelo,
pietra e acqua: e il vapore segue come folle latte
l’acqua inasprita con colombe in fuga.
Non v’è giorno senza rovesci di cisterne
del clima inesorabile, del verde movimento,
e le zampe annodano veloci terra e tempo
fra bestiale odore di cavallo e pioggia.
Mantelli, finimenti, gualdrappe di pelle
serrate in cupe melagrane
sugli ardenti fianchi di zolfo
che battono e piegano la selva.
Più in là, più in là, più in là, più in là
più in là, più in là, più in là, più in làaaaaa,
i cavalieri rompono la pioggia, i cavalieri
passano sotto aspri nocciòli, la pioggia
tesse in tremuli raggi il suo grano eterno.
Ecco la luce dell’acqua, il lampo confuso
dirama sulle foglie, e dal tonfo del galoppo
salta un’acqua senz’ala, ferita a terra.
Umide redini, arco di rami,
passo di passi, pianta notturna
di stelle spezzate come ghiaccio o luna, cavallo
vorticoso coperto di frecce come freddo spettro,
pieno di nuove zampe nate nella furia,
galoppante quartiere assediato dalla paura,
e dal suo grande re dal temibile stendardo.
(Da “CITTA’,CITTA’DI FUOCO, RESISTI” Pablo Neruda ; trad. di Salvatore Quasimodo)