Sono il custode delle morti.
Le sorveglio quando sorvolo Carsulae, ogni mezzogiorno, senza fare ombra.
In basso nulla, né una preda, né un verme o agnello, solo pietra e tombe d’argilla.
E fantasmi.
Filari di viti come legionari che tornano dalla Gallia marciando sulle colline di San Gemini.
Nodosi alberi di ulivi che ascoltano il rullo dei tamburi, la chiamata delle trombe.
Sulla Via Flaminia nessuno, nessun aquilifero porta il mio stendardo, perso in battaglia in Germania e mai più trovato.
Così, ogni giorno, devo volare in circolo sull’Arco di Traiano e sul teatro
dove venivano rappresentate le tragedie di Seneca, come oggi.
nel gelo prima dell’alba, senza un pubblico, eccetto me.
Io sono il custode delle morti. Altre eserciti sono venuti e ripartiti
barbari, cavalieri e guardie reali di principi e papi;
soldati di Cristo nel pellegrinaggio verso l’inferno
a Brindisi e poi a Gerusalemme.
Le campane di San Damiano non suonano
ma rintoccano con il duro suono del metallo,
lo scontro di una spada sullo scudo, lo stridio dei carri da guerra.
Li ho sentiti durante il mio viaggio. E li sento ancora.
Sono arrivati vestiti di nero, con una bandiera con aquile e una croce rotta
Per spezzare ossa e nazioni.
Attorno al lago ghiacciato del Trasimeno, in inverno,
un esercito si riunisce con grande forza per purificare le loro anime da un’aquila
che nei suoi artigli, stringe fasci come littori.
Io sono il custode delle morti.
A Carsulae, dove un monaco barbuto, vestito come un pastore
è venuto per guarire la malattia, con le sue mani avvolte in stracci.
Con il sole dietro me, lo seguo dall’alto.
E’ a digiuno, se non per un brodo di radici.
Dorme nella mia montagna di foreste di cipressi, abeti, pini e querce,
e poi cammina lentamente verso nord, pregando.
Sono il custode delle morti.
E’ ottobre, le notti ora sono rigide.
Musica e foschia riempiono la vallata per il festival.
Una donna con i suoi occhi arabi di un nero brillante,
accende tre candele in una Chiesa.
Illuminano il suo volto, un dipinto prende vita quando lei dolcemente conduce fuori il suo bambino.
Lei mi vede, mi conosce. Il bambino è mio,
Ma io sono condannato a vegliare, dal cielo, sopra Carsulae.

MD Rann

THE EAGLE OF CARSULAE

The Eagle of Carsulae
I am the guardian of the dead.
I watch them as I fly each noon above Carsulae, casting no shadow.
No prey below, no vermin, no lambs, only stone and earthen graves.
And ghosts.
Rows of vines like legions returning from Gaul march the hills of San Gemini.
Gnarled olive trees who heard the beat of drums, the summons of trumpets.
On the Via Flaminia no-one, no aquilifer, carries my standard, lost in battle in Germania, and never found.

So I must fly each day, circling Trajan’s arch and the theatre,
where the tragedies of Seneca were performed, and still are,
in the chill before dawn with no audience, except me.

I am the guardian of the dead. Other armies came and went,
barbarians, the knights and yeomen of princes and popes;
soldiers of Christ on pilgrimages of hell,
to Brindisi and then Jerusalem.

The bells of San Damiano do not chime
but ring harsh with the sound of torn metal,
the clash of sword on shield, the grinding rattle of tank tracks.
I heard them on my journey. I hear them now.
They came dressed in black, with a flag of eagles and a broken cross.
To break bones and nations.

At Trasimeno in winter, around the frozen lake,
an army gathers in great strength to exorcise our souls from an eagle,
clutching fasces in its talons, like lictors.

I am the guardian of the dead.
In Carsulae, where a bearded friar, dressed as a shepherd
came to heal the sick, his hands bound in cloth.

With the sun behind me I follow him from above.
He is fasting, except for a broth made of roots.
He sleeps in my mountain forest of cypress, fir, pine and oak,
and then walks slowly northwards, praying.

I am the guardian of the dead.

It’s October, the nights now cool.
Music and mist fill the valley for the festival.
A woman, with the dark shining eyes of a Moor,
lights three candles in a church.
They light her face, a painting come to life as she gently leads her child away.
She sees me, she knows me. The child is mine,
but I am cursed to watch, from the sky, above Carsulae.

MD Rann